“Serve un Governo della ragionevolezza che vada da Bonaccini e Zaia a Forza Italia”

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06/07/2020

L'intervista di Carlo Calenda a Il Messaggero

“Il punto è semplice: prima o poi la ragionevolezza deve tornare ad essere maggioranza in questo paese. Io sono da sempre favorevole a cambiare il governo, a cambiare il Presidente del Consiglio e a dar vita ad un governo della ragionevolezza. In Europa Popolari, Socialdemocratici, Liberali e Verdi appoggiano tutti insieme la Commissione von der Leyen. Perché persone con sensibilità e culture diverse ma con un forte grado di pragmatismo e di capacità di governo non potrebbero lavorare assieme? Persone serie come Bonaccini, Zaia ma anche Patuanelli e Crosetto, devono farsi sentire nei rispettivi partiti. Per questo sono favorevole ad un governo che coinvolga anche Forza Italia. Chiamatelo come vi pare: governissimo o no, la situazione è così grave che a noi serve gente che sa dove mettere le mani, gente che sappia gestire lo Stato”.

Carlo Calenda, leader di Azione, batte e ribatte su un tasto: l’Italia non si può permettere di non essere governata in una fase di crisi così acuta. Un tarlo che lo ha spinto a scrivere anche un libro che sta uscendo in questi giorni: I Mostri, edito da Feltrinelli sulle mulle contraddizioni del rapporto tra politica e cittadini.

Onorevole Calenda non le sembra di esagerare?

“Al contrario”.

Non negherà che i decreti del governo…

“Facciamo parlare i fatti”.

Quali?

“Primo. L’Unione Europea ci ha già detto dell’inizio della crisi che possiamo spendere fondi europei per circa 7 iliardi. Qualcuno sa che cosa vogliamo fare di questi soldi? Secondo. È vero che il governo ha impegnato somme per il 38% del Pil ma è tutto teorico. Dei famosi 400 miliardi di garanzie alle imprese è arrivato il 15% una cinquantina di miliardi di cui circa 4,5 alla Fiat. Inoltre dal ristoro a fondo perduto sono state escluse tutte le imprese sopra ai 5 milioni. In pratica tutte quelle che esportano. Ma è l’export che tiene in piedi l’Italia”.

Terzo?

“Poi c’è Sure. L’Ue finanzia la nostra Cassa Integrazione con questo fondo da 100 miliardi. L’Italia ha chiesto venti miliardi ma non ha ancora presentato a Bruxelles la documentazione necessaria per l’erogazione. Senza considerare il Mes: noi abbiamo chiesto di togliere le condizioni e poi non lo chiediamo. Sembriamo matti, mentre le liste di attesa per la sanità aumentano”.

Perché accede tutto questo?

“Perché in Italia nessuno bada al buongoverno che significa seguire e gestire i problemi giorno per giorno. Siamo un paese che parla solo di leggi dai nomi roboanti, riforme che non riformano e conflitti ideologici. Nessuno gestisce nulla. E lo Stato smette semplicemente di funzionare. Eleggiamo politici che non hanno idea neanche di come funziona la contabilità di un condominio intrappolati nel nostro tifo da stadio destra contro sinistra. Poi ci sorprendiamo se ci sono ancora lavoratori che non hanno ricevuto la Cassa Integrazione dopo tre mesi dalla data obiettivo annunciata da Conte”.

E dunque?

“Dunque bisogna cambiare registro. Dobbiamo smetterla di parlare solo di fascismo e comunismo. Dobbiamo smetterla di giocare con le parole come se fossi al bar senza mai proporre soluzioni. Dobbiamo mettere a gestire lo Stato persone che hanno solide esperienze amministrative. Possiamo permetterci di avere ministri come Azzolina, Catalfo e De Micheli che non sono riuscite a mettere a terra nulla?”.

Attenzione, ha fatto i nomi di tre ministre?

“Ma non le attacco certo in quanto donne, aggiungo volentieri Di Maio in sovrappiù. E tuttavia bisogna smetterla di aver paura di dire le cose come stanno”.

Sarà, ma il suo partito è al 3/3,5% nei sondaggi. Non teme di fare il grillo parlante?

“Azione è nata sei mesi fa e da allora è ininterrottamente cresciuta. L’obiettivo di Azione è raggiungere il 10% dei consensi in modo da riuscire a essere il perno di una nuova stagione di convergenza delle forze politiche meno estremiste. Un’utopia? Chi avrebbe mai detto che Salvini avrebbe portato la Lega a superare il 30% e la Meloni a sfiorare il 15? L’elettorato italiano resta in movimento”.

di Diodato Pirone

L'intervista sull'edizione odierna de Il Messaggero