Newsletter | Gli auguri di Carlo Calenda
Si chiude un altro anno difficilissimo. La guerra in Ucraina, l'inflazione, la battaglia per la libertà guidata dalle donne iraniane. Dopo due anni di pandemia le emergenze sembrano diventate la normalità.
In Italia una politica impazzita ha "licenziato" prima del termine Mario Draghi per le ambizioni di Berlusconi, le paure di Salvini e le gelosie di Conte. Draghi aveva il 60% di apprezzamento nel Paese, eppure il 70% degli italiani ha votato per i partiti che erano all'opposizione del Governo da lui guidato o che ne hanno determinato la caduta. Da questa contraddizione emerge tutta la confusione di un elettorato che, in larga parte, da più di dieci anni, vota come se le elezioni fossero una sorta di televoto del Grande Fratello.
Moda, simpatia, immedesimazione e capacità di essere una celebrity prevalgono su preparazione, concretezza delle proposte e risultati raggiunti. La parabola dei 5S e della Lega è da questo punto di vista sovrapponibile.
E dunque ora va di moda la Meloni, che, come da prassi consolidata, è cresciuta usando toni barricadieri e populisti, ma un minuto dopo essere entrata a Palazzo Chigi si è rimangiata tutto ciò che aveva detto nei dieci anni precedenti.
La Legge di Bilancio, appena approvata, è esemplificativa di questo percorso. Per il 60% la Meloni ha rinnovato provvedimenti del Governo Draghi e per il 40% ha varato mance e mancette imposte da Salvini e Berlusconi.
Questa è il contesto in cui il Terzo Polo, nato in corsa un mese prima delle elezioni politiche, si trova ad operare. Abbiamo fino ad ora rispettato le promesse fatte al nostro elettorato. Due settimane fa è nata formalmente la Federazione che dovrà dare vita a un partito unico nel più breve tempo possibile.
Non ci sono stati screzi, litigi o rotture. Al contrario, siamo stati l'unica opposizione ad aver presentato proposte concrete, alternative a quelle del Governo per la Legge di Bilancio. Non siamo stati, ne saremo, "stampella del Governo", ma ci siamo rifiutati di interpretare un'opposizione massimalista, ideologica e piazzaiola come il PD e i l M5S.
Con lo stesso approccio pragmatico, abbiamo operato la scelta di sostenere Alessio D'Amato e Letizia Moratti alle prossime elezioni regionali. Persone capaci che provengono da storie politiche diverse ma che hanno ben operato in ambito sanitario durante l'emergenza Covid.
Queste scelte hanno fatto storcere il naso a una parte del nostro elettorato, in particolare a chi non vuole votare una personalità legata al centro destra e a chi non vuole votare un candidato espressione del Partito democratico. Ma noi siamo nati esattamente per questo: per superare gli steccati ideologici tra riformisti, liberali e popolari costruiti in un fallimentare trentennio di bipolarismo.
La battaglia per la sanità sarà centrale nel 2023. Il collasso del Sistema Sanitario Nazionale è vicino. Liste di attesa infinite obbligano sempre più italiani a rivolgersi alla sanità privata, pagando circa 41 miliardi di euro per curarsi. A febbraio presenteremo un piano straordinario per smaltire le liste d'attesa.
La sfida che ci attende è difficilissima perché è culturale prima ancora che politica. Si tratta di riportare la politica al suo senso etimologico di "arte di governo", come capacità di incidere sulla realtà partendo da una visione concreta del presente e del futuro.
Per i giovani è più facile comprendere questa linea culturale e politica. Sono decisamente più liberi dai condizionamenti ideologici. E anche per questo il Terzo Polo è risultato il partito più votato tra i ragazzi dai 18 ai 24 anni. Anche per questo dobbiamo continuare a batterci per loro.
L'immagine del 2022 che mi rimane più impressa è quella dei ragazzi dell'Università di Leopoli che ho incontrato poche settimane fa. Giovani europei presi nella morsa di qualcosa che è il contrario dell'Europa di oggi: la guerra. Su di loro ricade il compito di difendere la libertà della patria e di ricostruirla domani. E lo faranno bene. Si capisce immediatamente parlandoci.
A migliaia di chilometri di distanza le giovani (e i giovani) iraniane rischiano la vita per essere finalmente libere dalla morsa del regime assassino degli Ayatollah.
I custodi dei valori di libertà e tolleranza e il motore del dinamismo di una società dovrebbero essere loro: i giovani. Ma in Occidente, e in Italia in particolare, abbiamo fatto di tutto per anestetizzarli e allontanarli dall'impegno politico e sociale. Per questo stiamo inesorabilmente declinando. Per questo tutto il nostro dibattito è concentrato sull'oggi e su quattro mancette che peraltro li escludono regolarmente.
L’impegno verso i giovani non dipende dall'età di chi governa. La Meloni è giovane per l'incarico che ricopre ma ha appena fatto una manovra economica contro i giovani.
Come si fa a ad evitare retorica o paternalismo parlando dei ragazzi?Proporre provvedimenti per loro è certamente una strada. Da due anni, ad esempio, chiediamo che i tagli del cuneo fiscale siano concentrati su chi ha meno di trent'anni. Magari così qualche ragazzo in più rimarrà in Italia a pagare lo stato sociale per tutti noi. Sarebbe insomma una cosa logica e conveniente, ma le forze politiche, anche quelle che si riempiono la bocca con la parola giovani (leggi Pd), si sono sempre girate dall'altra parte.
L'avversione verso la dimensione di emancipazione dei giovani si spinge fino a investire sull'educazione dei medici per poi mandarli fuori a fare la specializzazione, nonostante il bisogno disperato di tenerli qui.
Milioni di ragazzi sono abbandonati a una vita digitale priva di bellezza, coinvolgimento, condivisione. Essi rappresentano il vero delitto compiuto in questi ultimi cinquant'anni dalla nostra generazione. Delitto, non fallimento, perché lo compiamo consapevolmente.
L'emancipazione dei ragazzi è sempre più ritardata e limitata alle fasce privilegiate della popolazione. La distribuzione delle risorse pubbliche, che finirà per pesare su di loro privandoli di un decoroso welfare state, li esclude sempre. Non è che non vogliamo bene ai giovani, è solo che non li vogliamo emancipati, altrimenti puniremmo i governi che non fanno nulla per cambiare questo stato di cose. "Datemi più soldi che poi ai miei figli ci penso io". Questo sembra essere il pensiero degli italiani. Solo così si spiega ad esempio l'avversità dei genitori verso il tempo pieno nel Mezzogiorno.
Ma allora perché i giovani non si organizzano e insorgono?! Perché in piazza ci vanno solo le Sardine e affini, a cantare slogan vecchi e ridicoli? Forse proprio questa è una delle ragioni. Le proteste in Italia sono sempre state monopolizzate dai giovani reduci degli anni '70. Quelli che scandiscono ancora meccanicamente gli stessi slogan di quella stagione. I "fuori l'Italia dalla Nato" per intenderci.
Questo stato di cose deve cambiare. Per questo Azione organizzerà e supporterà la mobilitazione dei giovani in tutta Italia. A questo soprattutto dedicheremo il 2023. Daremo loro i mezzi per farsi ascoltare. Poi starà a loro.
A gennaio partiremo con il nuovo tesseramento. Dobbiamo battere il record di iscritti di quest'anno. Vogliamo un partito fatto di militanti. Anche per questo continueremo ad aprire sedi in tutta Italia e a tenere i congressiad ogni livello.
Buon 2023. Il mio augurio è che sia un anno interessante, un anno di rivoluzioni pacifiche. Ne abbiamo bisogno.