L’Italia e il 5G, le solite scarpe di cartone

Notizie
15/11/2020

La solita incompetenza gestionale si è abbattuta sul nostro Paese.

È stato presentato ieri da I-Com, l’istituto per la competitività, uno studio relativo allo stato dell’implementazione della rete 5G: purtroppo non possiamo che registrare l’ennesimo pasticcio all’Italiana. Forse ci piace, o forse è solo nel nostro DNA; i nostri nonni e bisnonni sono stati mandati ad affrontare l’esercito Russo con le scarpe di cartone, e noi oggi veniamo spediti sul fronte della competitività globale armati di modem a 56k e linee ISDN.

In realtà non era cominciata male: grazie ad un attento Ministro dello Sviluppo Economico (un certo Carlo Calenda) l’Italia fu tra le prime nazioni a recepire le indicazioni Europee e ad assegnare le frequenze alle compagnie telefoniche, con una modalità che ha peraltro fruttato alle casse dello stato entrate al di sopra delle aspettative. Questo ci ha portato blasone e potenziale vantaggio rispetto ai nostri amici/competitor europei e non solo.

Poi però si è abbattuta sull’Italia una tempesta di incompetenza ed incapacità gestionale che ci ha portato, secondo lo studio I-Com, dall’essere la nazione con il migliore Action-Plan giù fino al ventesimo posto, scendendo addirittura al 33esimo su 39 Paesi analizzati da Incites nel documento pubblicato a maggio 2020 (Europe 5G Readiness Index. Assessing Europe's readiness to deploy and adopt 5G) se si considera il quadro regolatorio e delle policy sullo sviluppo di nuove reti.

Ci sono due motivi per essere estremamente scontenti e preoccupati per questa situazione. Il primo riguarda oltre 15 miliardi e 180mila posti di lavoro persi (ovvero non creati) in questi anni, relativi all’implementazione e gestione infrastrutturale legata all’aggiornamento della nostra rete di telecomunicazioni. In momenti difficili come questi appare evidente come la ricchezza e l’occupazione prodotta dall’indotto 5G sarebbe stata essenziale, in luogo di una politica assistenzialista ormai chiaramente inefficace.

Il secondo motivo attiene invece la perdita di competitività ed il fatto che nuovamente lo Stato non sia in grado di fornire ai propri cittadini, ed alle proprie industrie, strumenti ed infrastrutture adeguate a competere, o anche solo di garantire uno sviluppo armonico del nostro stile di vita. Combatteremo nuovamente con scarpe di cartone. I principali indicatori mostrano inequivocabilmente che il Covid-19 ha avviato un processo irreversibile di revisione e ripensamento a 360 gradi del nostro modo di lavorare, ed in conseguenza della scelta del luogo nel quale vivere. Ciò sta portando alla riprogettazione dei nuovi “Smart Territories”, con conseguente nuova organizzazione di spazi, Sanità, Trasporti, infrastrutture, Logistica ecc.

La tecnologia abilitante sulla quale poggia tutto ciò è proprio quella del 5G, sulla quale un Governo pasticcione non riesce ad uscire da un pantano di tentennamenti inspiegabili ed inaccettabili, sia sul piano della sicurezza dei dati, sia sul piano dell’assetto e la gestione della supply chain. Il non saper fare valutazioni oggettive ha portato il Governo ad ascoltare le sirene del protezionismo tout court da un lato e quelle della “Via della seta” dall’altro. La verità è che, come suggerisce I-Com, si deve procedere senza tentennamenti verso una solida implementazione che, al di là di ragionamenti sterili, non può prescindere da una partecipazione totale dei player tecnologici. All'interno di questa, il ruolo dello Stato dovrà essere quello di controllare che nessun player prevalga o egemonizzi. Solo questa logica di mercato ci permetterà contemporaneamente di poter avere giuste condizioni di fornitura e non concedere il controllo oligopolista sui nostri dati ed asset primari. Anche da un punto di vista strettamente tecnologico, è impossibile prescindere al 100% da nessuno dei player principali. Basti pensare che Ericsson (Svezia), Nokia (Finlandia), Huawei (Cina), Samsung (Corea del Sud) e ZTE (Cina), detengono circa il 75% del mercato della fornitura di apparecchiature di rete e nessuno di loro è in grado di comporre una efficiente e completa infrastruttura.

Esistono tre rischi evidenziati dall’UE: «Errata configurazione delle reti, mancanza di controllo all’accesso, interferenze statali attraverso la catena di fornitura 5G». Inoltre viene sottolineata anche la necessità di «minimizzare i rischi di tutti i sistemi informativi, sistemi informatici e di associare rapidamente l’approvvigionamento di prodotti e dei processi alle infrastrutture scongiurando il c.d. rischio sistemico». Ci sono indicazioni precise, strade tracciate e scelte coraggiose e competenti da prendere se vogliamo tirarci fuori dall’ennesimo pantano nel quale siamo stati gettati. Per di più, il tempo stringe e non c’è molto spazio di manovra per pavidi tentennamenti.  Non possiamo che concordare con l’economista Paolo Da Empoli, presidente di I-Com, sul fatto che in questo momento di difficoltà, paragonabile al dopoguerra, serva spingere gli investimenti ed eliminare ostacoli burocratici bloccanti per l’implementazione delle nuove reti, a rischio di perdere irrimediabilmente il treno della competitività. Indispensabili investimenti anche in ricerca e sviluppo al fine di diminuire negli anni la nostra totale dipendenza tecnologica.

Infine, uno Stato efficiente deve garantire ai propri cittadini informazioni chiare e precise: riteniamo sia intollerabile che l’onere di rassicurare i cittadini sulla totale infondatezza delle fake news introdotte ad arte nel nostro paese riguardo alla presunta pericolosità del 5G sia stato totalmente abdicato, scaricandolo sulle spalle della comunità tecnica e scientifica che fino ad ora non ha avuto il giusto spazio e risalto per poter svolgere questa funzione, peraltro non propria. Su questo tema, come sui precedenti, Azione intende rafforzare il suo ruolo da protagonista, perché comprendiamo quanto sia cruciale ed essenziale che questa implementazione avvenga rapidamente ma con la piena fiducia di ogni cittadino, che deve avere a disposizione informazioni chiare e corrette, oltre che la sicurezza di essere tutelato da un punto di vista Sanitario ed Ecologico.

Di Giulia Pastorella e Gianluca Conti, gruppo InnovAzione: con la collaborazione di Riccardo Montagnin e Giovanni Rigodanzo.

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