La Cgil si occupa di politica e non di industria

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15/11/2023

L’intervista di Carlo Calenda a La Verità

Allora, Calenda: lei dice di essere stato oscurato dai giornali del gruppo Gedi, ovvero Repubblica e La Stampa.

«Esatto, è accaduto da quando ho ripreso una battaglia che avevo fatto nel 2020 contro la garanzia statale di 6,3 miliardi che ha consentito il prestito agli Elkann perché pagasse il dividendo di 5.5 miliardi in Olanda per fare la fusione con Stellantis, che poi è stata una vendita. Basta guardare gli esiti: oggi noi abbiamo gli stabilimenti francesi hanno il doppio dei modelli, tutti i loro siti sono pronti per l'elettrico mentre in Italia un solo stabilimento è pronto, e abbiamo soprattutto Fiat che ha venduto Grugliasco, stabilimento che io ero che io ero andato a inaugurare con Marchionne, e ha mandato 15 mila lettere di esodi incenti-vati. Ma la cosa più incredibile è che quando la produzione era più 30% rispetto a oggi, cioe in epoca Marchionne, Maurizio Landini ha condotto una battaglia contro Marchionne e stava tutti i giorni sui giornali e in tv>>.

E adesso?

«E adesso che gli Elkann hanno comprato Repubblica, tu non senti più Landini pronunciare le parole Elkann o Stellantis. Anche quando parla di crisi dell'automobile, non li nomina!».

Però parla continuamente sui giornali degli Elkann...

«Questo è Il punto. Gli Elkann hanno trovato il modo perfetto per rabbonire la sinistra e il sindacato. Hanno comprato il principale giornale di sinistra. Guardate la Schlein».

Cosa fa?

«Parliamo di Magneti Marelli. È stata venduta a una società giapponese super indebitata. Io all'epoca all'epoca, governo Conte 1, chiesi di bloccare la vendita, ma i sindacati erano entusiasti! John Elkann disse che erano garantiti i posti di lavoro e i brevetti. Oggi Magneti sta chiudendo gli stabilimenti in Italia, e quando la Schlein va davanti ai cancelli non dice agli Elkann che devono assumersi la responsabilità di quello che hanno promesso: non nomina mai Stellantis o Elkann. Come Landini». 

Ok ma un atteggiamento così opportunistico, non costerà alla Cgil in termini di iscritti?

«No, perché la Cgil è un sindacato totalmente politicizzato. Si accingono a fare uno sciopero annunciato prima della presentazione della manovra. Credo che perderà credibilità tra gli operai. La Cgil ha perso tantissima rappresentanza, si occupa poco dell'industria. Vuoi una prova?».

Certo.

«I contratti collettivi nazionali, noi li consideriamo un vanto italiano. Negli ultimi 30 anni i salari italiani, al netto dell'inflazione, sono scesi del 2%. In Germania e Francia sono saliti del 30%. Sarà che il sindacato non fa il suo?».

Ma qualcuno dei giornalisti di questi quotidiani si fa vivo?

«Privatamente certo che mi scrivono, dicendo hai ragione. Anche il Cdr di Repubblica pone continuamente il tema del conflitto fa di interessi. Il problema è che Elkann sta facendo pre-pensionamenti a valanga, si è venduto i giornali locali e  quando uscirà da Stellantis venderà anche Repubblica, perché la funzione di Repubblica era solo di esercitare, come ha fatto, un controllo sulla sinistra sindacale e politica mentre stava vendendo ai francesi l'industria automobilistica italiana».

Andiamo nel merito della manovra: luci e ombre?

«Il taglio del cuneo fiscale andava confermato, ma avrei fatto due cose. I 4 miliardi afferenti alla delega fiscale che incidono in medio per 16 euro mensili sullo stipendio li avrei messi sulla sanità. Poi sarei stato un po' più perché il prossimo anno dobbiamo rinnovare una cifra record sul debito pubblico, e non potremo contare sulla Bce che invece di comprare dovrà vendere 40 miliardi di titoli».

E poi?

«La mia domanda alla Meloni è: perché non prendi un pezzo di Pnrr, che non spenderai, e ci fai il piano Industria 4.0 per rilanciare gli investimenti privati? Lo abbiamo proposto, abbiamo scritto la norma e verificato le coperture».

Perché non lo fa?

«È un mistero. Abbiamo fatto una mozione in parlamento sul tema che il gover no ha approvato. Ho parlato con Fitto e mi ha detto sì con Urso e mi ha detto si con la Meloni e mi ha detto sì, con Giorgetti e ha detto sì e non lo hanno fatto».

(Intervista a cura di C. Tarallo)