Meno slogan, più pragmatismo e merito delle questioni
L’intervista a Quotidiano Nazionale di Matteo Richetti.
«A slogan son buoni tutti». Ma per Matteo Richetti, capogruppo di Azione a Montecitorio, la sola ricetta di unità possibile delle opposizioni ha come ingrediente il pragmatismo: come per il salario minimo.
Richetti, non va negato che le opposizioni abbiano segnato un punto, perlomeno per aver imposto a governo e maggioranza il tema del lavoro povero…
“Da un lato è cosi. Abbiamo introdotto nell’agenda politica di autunno non solo il salario, ma la necessità di un intervento sulle retribuzioni dei più fragili. D’altro canto la maggioranza s’’intesta provvedimenti spot da campagna elettorale più che avere un progetto di Paese, così come sull’imbarazzante tassazione degli extraprofitti, che fa leva sull’impopolarità delle banche”.
Ora cosa ci si può aspettare dalla decisione del governo di affidarsi al Cnel?
“A quel che si capisce Meloni ha chiesto una relazione per varare un provvedimento organico sulla contrattazione per sfoltire i cosiddetti ‘contratti pirata’ di tante categorie – come vigilanza, pulizie, lavori domestici… – a 5 o 6 euro l’ora. C’è di positivo che la maggioranza, prima compattamente contraria a ogni intervento sul salario, ha inserito la questione in programma: un cambio di rotta importante”.
Roberto Fico, 5Stelle, ha proposto su queste pagine all’opposizione di unirsi da subito su contrasto dell’autonomia differenziata, lotta alla povertà, transizione ecologica. E’ una via percorribile?
“Diciamo che a slogan van sempre forti. Siamo tutti favorevoli a non inquinare. In questi giorni la Finlandia ha deciso di realizzare un mix energetico tra rinnovabili e nucleare per chiudere con gli idrocarburi. Anche per noi la via sono le rinnovabili e una piccola quantità di nucleare”.
E contro l’autonomia?
“Noi siamo per un’operazione di verità. Mettendo in capo alle regioni modelli energetici, di gestione del territorio o turismo aumenta la frammentazione e si diminuisce la competitività del sistema Paese. Su questo vogliamo entrare nel merito. Sul salario siamo stati in grado perché abbiamo messo da parte posizioni pregiudiziali. In Parlamento ci sono moltissimi casi in cui le opposizioni sono già unite contro le proposte del governo, a partire da tutti i decreti. Di qui a avere una visione comune, ne passa di acqua sotto i ponti”.
A partire dalla benzina, i consumatori denunciano il vertiginoso caro prezzi che colpirà le famiglie. Sulle scelte di politica economica si sta crepando il consenso al governo e pure dentro alla maggioranza?
“L’impatto dell’inflazione va declinato al presente: basta guardare le rinunce alle vacanze e la rimodulazione dei consumi. Questo non solo sta incrinando i rapporti nel governo, ma confuta il ‘leit motiv’ con cui hanno vinto. Tutti ricordano il video di Meloni, che alla pompa di benzina contestava gli incassi dello stato tra accise e costi accessori. In questi giorni, invece, le tariffe del pieno sono fuori controllo; mentre su balneari e tassisti il governo continua ad assecondare protezioni corporative a scapito dei cittadini. Per non parlare del macroscopico errore sulle banche”.
Una lieve tassazione sugli extraprofitti è tanto esecrabile?
“Si è preferito una tassazione, rivista e ammorbidita 4 volte su richiesta degli istituti fino a ridursi a uno slogan, invece di finanziare un intervento volto a sostenere chi ha bisogno di credito o è soffocato dai mutui. Ho parlato direttamente con molte banche, che erano pronte: si poteva dar vita a un fondo interbancario, finanziato coi maggiori profitti, per ammortizzare i tassi di interesse e favorire il credito”.
(Intervista a cura di C. Rossi)