L’intervista di Carlo Calenda al Corriere della Sera
Prima di parlare del campo largo e della coalizione del centrosinistra, Carlo Calenda, leader di Azione, fa una premessa: «Il piano di Mario Draghi è poderoso. Da un lato è molto specifico su diversi settori, dall’altro pone un problema politico all’Europa enorme. Fotografa un declino è più rapido del previsto, ed è un declino finanziario, economico e industriale. Senza dimenticare la vera questione politica: la difesa comune europea e il superamento del diritto di veto. Ecco perché noi chiederemo alla presidenza del Consiglio di aprire un dibattito parlamentare su ciò che Draghi ha detto. La mia impressione è che siamo dei sonnambuli. La situazione non ha precedenti dal 1945 in poi».
Questo contesto internazionale ed europeo complicato porta ad avvicinarvi al campo largo?
«No. Il campo largo ha posizioni difformi al suo interno sulla politica estera, sulla politica industriale, sul lavoro, sulla giustizia, sulla commissione europea e persino sull’agenda Draghi per l’Europa. Devo continuare? Non ha un’agenda di governo che non sia “abbasso la Meloni”. Non può pensare di candidarsi così a governare l’Italia».
Sta dicendo no alla proposta di Elly Schlein di ripartire dalle cinque priorità: istruzione, lavoro, industria, clima e sanità?
«Sono sei mesi che su salari sanità e scuola dico: facciamo un emendamento comune delle opposizioni alla legge di bilancio. Il problema è che non si fa. E sa perché non si fa? Perché appena mettono giù le proposte esce fuori un conto da 50 miliardi dove c’è di tutto: pensioni, taglio del cuneo fiscale, sanità, aumento degli stipendi agli statali. Il rischio è dunque di ritrovarsi davanti una sinistra che è un novello fronte popolare francese incapace di assumere responsabilità di governo».
E quindi cosa farà, resterà al centro?
«La natura assolutamente straordinaria del momento in cui si trova l’Europa impone ai partiti che hanno fatto l’Europa - popolari, socialisti e liberale - di ritrovare uno spazio di proposta al centro che non è il luogo dell’intrallazzo, ma è il luogo, come dice Toni Blair, dove si danno delle soluzioni. Timidi tentativi si vedono sullo ius scholae. Noi domani (oggi per chi legge Ndr.) presenteremo, in una conferenza stampa, un emendamento al disegno di legge sicurezza e una proposta di legge, che riprende esattamente quanto proposto da Forza Italia. Vorrei che dopo tante chiacchiere estive rispondessero sia Schlein che Tajani…».
Dica la verità: lei non vuole entrare nel campo largo perché adesso è l’obiettivo di Matteo Renzi, suo ex compagno di centrismo?
«Ma figuriamoci. Noi rimaniamo dove ci hanno messo gli elettori. Matteo ha provato prima con la destra e ora si butta a sinistra senza porre una condizione di agenda o di merito. Una roba francamente indecorosa. Ma sono fatti di Schlein non miei. La verità è che mentre tutto crolla intorno a noi e Trump rischia di vincere le elezioni in America minacciando una guerra commerciale all’Europa e il disimpegno dall’Ucraina, noi continuiamo a parlare di fesserie: come ad esempio cosa ha fatto negli ultimi quindici giorni la fidanzata di Genny Sangiuliano. È di queste ore la polemica sui poliziotti allontanati dagli uffici della premier. Nel frattempo il 30 settembre dobbiamo presentare il piano strutturale di bilancio che riguarda sette anni di riforme su cosa farà l’Italia e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non sente il bisogno di incontrare le opposizioni. Ma ci rendiamo conto che abbiamo una decrescita costante della produzione industriale da 5 trimestri consecutivi e Urso continua a fare tavoli che non decidono nulla”
Parliamo del suo partito, Azione, che rischia di perdere l’area liberal. In un’intervista al Giornale Enrico Costa ha dichiarato che «se Calenda va con i giustizialisti lo farà senza noi liberale».
«Come Enrico Costa sa bene, noi rimaniamo garantisti, abbiamo votato le riforme di questo governo e chiesto ad Andrea Orlando che in Liguria si faccia una campagna elettorale parlando di infrastrutture indicando le nove opere da fare, tenendo fuori i guai giudiziari di Giovanni Toti che io personalmente continuo a considerare vittima di un' ingiusta detenzione preventiva».
Teme l’uscita di Costa, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini?
«Mara e Mariastella hanno ruoli politici di primo piano nel partito. Li stanno svolgendo come sempre. Per il resto non sta a me rispondere a gossip che girano da settimane senza riscontri».
(a cura di Giuseppe Alberto Falci)