Le forze (dis)armate
Oggi tutti i politici si affretteranno a fare gli auguri alle nostre Forze armate. È un rituale essenzialmente retorico, perché poco ci occupiamo di loro e poco ci interessiamo alla loro sorte.
Dopo due giorni di visita a Berlino e ai monumenti rimasti del militarismo prussiano, sarebbe facile considerare questa retorica irrilevanza un fatto positivo. Ma non lo è. La guerra è diventata un fatto alieno a noi e al resto dell’Occidente erbivoro (Ue), ma non al Mondo.
Dovremmo conoscere la Storia a sufficienza per sapere che fasi di apertura, progresso e competizione economica si alternano a momenti di confronto duro e di crisi militari. Dovremmo, se la Storia non ci sembrasse un arcaico cascame del passato, inutile all’uomo moderno, moralmente perfetto e tecnologicamente potente.
Riteniamo dunque di essere al riparo dalla guerra semplicemente perché non ammettiamo più la guerra come azione umana. Una presuntuosa e pericolosa pretesa. Conseguentemente rimandiamo di anno in anno l’impegno con la NATO a portare al 2% le spese militari. Sono soldi che servono per approntare forze militari altrimenti stremate da decenni di investimenti minimi.
Non decidiamo da soli la scomparsa della guerra. Possiamo decidere da soli la nostra incapacità di combattere la prossima e dunque di difenderci. E così stiamo facendo.
Ci penseranno gli americani. Che però una parte di questo paese detesta come gli adolescenti detestano gli adulti quando provano a portarli fuori dal “giardino dell’Eden” dell’infanzia.
Dunque al “viva le Forze Armate” aggiungiamo un assegno. Subito.