Usiamo le europee per costruire uno spazio politico nuovo.

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18/04/2024

Di seguito l'intervista di Matteo Richetti a Huffington Post

C’è un solo senso che si può attribuire alle prossime elezioni europee affinché non siano l’ennesimo aggiornamento di una istantanea che restituisce i rapporti di forza tra i partiti: iniziare a costruire un tempo nuovo e uno spazio politico nuovo.

Siamo a un bivio: o usiamo le europee per ragionare delle conseguenze del sorpasso di Tajani su Salvini, la tenuta della Meloni, il bilancio della Schlein alla prima prova elettorale, e terminate le trasmissioni elettorali si torna alla quotidianità con un po’ di polvere in più sotto il tappeto. Oppure le europee possono essere il primo consolidarsi di uno spazio e democratico e liberale che sui temi dell’europeismo e dell’atlantismo non tentenna mai. 

Perché la vera novità sarebbe dare vita a una presenza stabile nella politica italiana che tanto sul sostegno all’Ucraina quanto alla riscoperta di un welfare fondato su lavoro e crescita, fino alla piena integrazione europea, andasse dritto per dritto senza ambigue mediazioni. Questo non si può dire né della maggioranza di governo né del cosiddetto, faccio pure fatica a scriverlo, “campo largo”.

Non considero in questa riflessione la lista di scopo recentemente nata, e non per qualsivoglia elemento di snobismo o antipatia ma perché, per ammissione degli stessi fautori, nessuna intenzione alla costruzione di uno spazio politico nuovo muove questo esperimento. 

È legittimo, ma se ti unisci per superare sbarramenti e non per creare prospettive il risultato è già scritto. L’Europa è in una condizione nella quale non può permanere: più amata da chi vuole farne parte che da chi parte ne è già, prigioniera del fatto che ciò che dovrebbe essere un punto di forza (l’unione delle tre più importanti famiglie politiche: popolari, liberali e socialisti) è un drammatico punto di stallo tra approccio liberale e dimensione sociale.

Il risultato è che la straordinaria complessità delle sfide che abbiamo davanti viene risolta appiccicando date di scadenza. Auto tutte elettriche al 2030, zero emissioni al 2040, case tutte green al 2050 e così via, come se bastasse darsi una scadenza per risolvere un problema. Qui salta fuori l’unico approccio che può salvare l’Europa: il riformismo, dove all’obiettivo si accompagna una concreta prospettiva di cambiamento. Con tutta la fatica e i limiti di questo mondo, Azione ha fatto questo: ha interpretato la sfida come la necessità di costruire qualcosa di più ampio ma che fosse un progetto politico omogeneo, di declinare pochi ma ineludibili punti programmatoci vincolanti e candidare personalità di primissimo piano.

Il giudizio degli elettori ci dirà se il tempo della responsabilità è arrivato.