Un’area liberale e repubblicana che fermi il bipolarismo

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12/03/2024

L’intervista di Carlo Calenda a La Stampa

Dopo la sconfitta del centrosinistra in Abruzzo, Carlo Calenda, leader di Azione, è ancora convinto che il suo partito, almeno alle Regionali - dove «non c'è spazio per forze terze» - debba inserirsi in una rete di alleanze. Non è scontato, però, che il punto di approdo corrisponda al «fantomatico campo largo» anche alle prossime tornate: «Sceglieremo in base al candidato, non appoggeremo mai profili di estrema destra né del M5s».

Il "vento di Sardegna" si è rivelato uno spiffero?

«In ogni elezione locale si cerca sempre un dato nazionale che non esiste. Quando Quando si tratta di Regionali, bisogna smettere di parlare astrattamente di "campi larghi, stretti, venti che cambiano” e lavorare sulla qualità del candidato e delle liste. Il presidente rieletto Marco Marsilio ha fatto una politica clientelare e il voto organizzato è stato decisivo. La vera questione è l'astensionismo: alle Regionali va alle urne un italiano su due».

Il 4% di Azione in Abruzzo cosa dice?

«Sono soddisfatto. Non avevamo nemmeno un consigliere regionale e questo conta nelle consultazioni locali. La percentuale ci apre alla possibilità di andare oltre il  6% alle Europee, dove non ci sono le liste civiche e c'è il voto di opinione».

Il Terzo Polo puntava agli elettori moderati di Forza Italia. Il partito di Tajani invece è in buona salute e si candida a occupare «lo spazio fra Giorgia

Meloni ed Elly Schlein».

«FI non può occupare lo spa-zio politico fra FdI e Pd perché sta in coalizione con Meloni. Non ho l'ambizione di far sprofondare il partito di Tajani né quello di Schlein. L'obiettivo è creare un'area liberale repubblicana forte a sufficienza da fermare questo bipolarismo che produce disastri».

L'alleanza extra-large da Avs ad Azione, alternativa alla destra, ha un futuro?

«Non faremo mai coalizioni solo perché alternative alla destra. Per dire, in Calabria sosteniamo il governatore forzi-sta Roberto Occhiuto, bravo e moderato. Nei prossimi voti locali, sceglieremo sempre in base al candidato. La certezza è che non appoggeremo mai profili di estrema destra né ne del M5s. Ma quello che abbiamo imparato a nostre spese è che alle Regionali, visto il sistema elettorale, non c'è spazio per forze terze».

Perché ha parlato di «fantomatico campo largo»?

«Interrogate la persona sbagliata su questo. Il problema è nelle contraddizioni fra Pd e M5s, destinate ad aumentare. Prima fra tutte, la diversa visione sull'invio di armi in Ucraina. A livello naziona-le, per me c'è un tema inelu-dibile: non considero Giuseppe Conte un progressista. Non è un progressista uno che non sa scegliere fra Trump e Biden, uno che butta 150 miliardi per permettere ai ricchi di rifarsi le case con il superbonus».

Quando correte insieme - come in Abruzzo - non sarebbe meglio evitare di insultarsi?

«Non sono insulti, sono posizioni politiche. Per me i 5s non sono un partito di governo, sono populisti. Ieri erano alleati con la Lega, domani chissà. Sarebbe un insulto se io dicessi: "Conte è un imbecille". E non l'ho mai detto».

Non era aggressivo il suo post per il leader 5s "Te lo spiego piano e scandito così lo capisci..."? Mentre si faceva campagna elettorale per lo stesso candidato.

«Negava che nella coalizione abruzzese ci fosse anche Azione, ho dovuto spiegarglielo. Siamo andati lì con Renzi e Conte che facevano finta di non stare con noi, rendiamoci conto».

In Basilicata ci sarà un accordo con Pd-M5s?

«Qualcuno sa chi sia il candidato del centrosinistra in Basilicata? Non c'è, non riescono a fare una scelta. Mentre dall'altra parte hanno un presidente uscente, Vito Bardi, che è un moderato perbene. Non è Marsilio. In Basilicata si sta lottando fra i feudatari di Speranza, quelli del Pd, quelli del M5s, non mi pare un buon sistema».

L'intenzione almeno è stare insieme?

«Non lo abbiamo definito, sarò in Basilicata questo weekend per parlare con i miei».

Potreste sostenere Bardi?

«Niente è deciso, tutto da verificare».

In Piemonte? Il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini continua a dire che soprattutto al Nord le forze riformiste sono fondamentali e «Pd-M5s non basterebbero».

«Assolutamente. Al Nord esiste un voto di opinione più forte che al Sud. Sul Piemonte non abbiamo ancora messo mano, ma anche lì da una parte c'è un governatore uscente, Alberto Cirio, che considero un liberale europeista, non un pericoloso estremista. E dall'altra non c'è niente. Perché magari Appendino odia quello del Pd? Io non ragiono così».

Quindi potreste essere tentati da Cirio?

«Non si tratta di chi possa tentare noi, ma i nostri elettori».

(Intervista a cura di S. Riformato)