La lezione da trarre dalle Regionali è sul partito unico

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14/02/2023

L’intervista di Carlo Calenda al Corriere della Sera

Carlo Calenda, scommessa persa: il Terzo polo ha fallito l'obiettivo in Lombardia. La vostra candidata è terza e avete perso terreno come lista rispetto alle Politiche.

«Abbiamo perso. Quello regionale è un voto difficilissimo per noi. Le preferenze pesano e noi invece dipendiamo da un voto di opinione. La peggiore condizione possibile per chi vuole spezzare il bipolarismo».

Cerca un alibi?

«No. Ammetto che non mi aspettavo il risultato in Lombardia nei termini in cui si è delineato. Neppure mi aspettavo, però, che Fontana addirittura prendesse di più , in percentuale, di cinque anni fa. Si può dire che il presidente uscente abbia governato bene? No, non si può dire».

Ma non può essere che i candidati Moratti in Lombardia, ma anche D'Amato nel Lazio, che pur se del Pd, è stato fortemente voluto da lei, fossero sbagliati?

«No. Abbiamo scelto i due assessori regionali che meglio hanno gestito il Covid, per guidare due Regioni, enti in cui il bilancio è quasi tutto assorbito dalla sanità. Non è importato a nessuno. Fontana e Rocca erano candidati migliori? Non credo. Se si vota come al Palio di Siena, se il voto è fideistico, i candidati contano poco. Ma io faccio politica proprio perché voglio scardinare questo sistema che porta a un'astensione sempre più alta con votanti sempre più divisi tra guelfi e ghibellini e al declino del Paese. Forse siamo condannati e io sono un irrimediabile idealista. Ma non mi arrendo».

Insomma, hanno sbagliato gli elettori?

«Sì, non ho timore di dirlo. È la maledizione italiana: si vota per appartenenza. Sono di destra voto la destra, sono di sinistra voto la sinistra, prescindendo dal candidato e dalla qualità delle sue proposte. E poi mi lamento di chi governa».

Per ora le forze di centrodestra continuano a vincere.

«Il centrodestra è incapace di produrre un'azione di governo sensata. Ma perché gli elettori se ne rendano conto, visto che si vota alla "Grande fratello", per affezione, ci vorrà del tempo».

E se la sua strategia non fosse quella migliore per scardinare il meccanismo di cui parla? Correndo da soli in Lombardia, avete perso terreno rispetto alle Politiche.

«Intanto queste elezioni non hanno insegnato che andando insieme si vince. Al contrario. Fossimo stati alleati del Pd in Lombardia,  Fontana avrebbe vinto ugualmente e noi avremmo indebolito la capacità di rappresentare ognuno la propria quota. Centro e sinistra non sono mai stati in partita. Poi non è questione di strategie. Collaboriamo col Pd dove le candidature sono valide e i programmi chiari e condivisibili».

Letta dice che è fallito il vostro tentativo di Opa sul Pd.

«L'Opa è solo nella sua testa. Il mio obiettivo non è distruggere il Pd. L'Italia ha bisogno di un partito socialdemocratico, come di un partito liberale. Il problema del Pd è piuttosto che i suoi dirigenti, dopo ogni sconfitta, spiegano che hanno perso per colpa di qualcun altro. Cercano scorciatoie, alchimie.  Invece dovrebbero occuparsi del fatto che la destra è maggioritaria nel Paese. Anche con candidati debolissimi, prende un risultato stratosferico. Tutte le forze che pensano che la destra governi male devono fare un percorso di merito per recuperare elettorato, non cercare accrocchi assurdi, tipo l'Unione di Prodi, un tempo, o mettere insieme noi con Conte, ora».

La rotta del Terzo polo, dopo il risultato elettorale, resta quella di lavorare per dar vita a un partito unico di centro?

«Certo. Anzi, l'unica lezione che ricavo da queste elezioni è che il partito unico non può più aspettare. Basta perdere tempo. A marzo si parte: chi c'è c'è. Rinvii non ne accetto più».

(Intervista a cura di Adriana Logroscino)