Il giudizio sul governo Meloni è negativo. Erano pronti? Non sembrerebbe

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10/01/2023

L'intervista a La Stampa della presidente Mara Carfagna

La presidente di Azione, Mara Carfagna, assicura che l’approccio costruttivo mostrato sull’ultima legge di bilancio «non cambierà», nonostante il governo non abbia accolto i loro suggerimenti. Eppure, dall’Autonomia alle accise sulla benzina fino alla riforma per il presidenzialismo, il giudizio sull’operato di Giorgia Meloni e della sua squadra è fortemente negativo. Anche sul Pnrr, dice Carfagna, «l’atteggiamento di questo governo, che spesso si piange addosso, lo trovo utile solo a cercare un alibi. Gli ricordo che la campagna elettorale è finita».

Ieri Meloni ha incontrato Von der Leyen per trattare proprio sul Pnrr. Materie prime più care, poco tempo a disposizione, e il Sud, soprattutto, rischia di avere difficoltà nello sviluppo dei progetti. Il governo si preoccupa davvero senza motivo?

«Sono preoccupata da tempo anche io. Infatti con il governo Draghi avevamo fatto approvare alcuni provvedimenti per mettere a disposizione degli enti locali una serie di strumenti con cui irrobustire la loro capacità amministrativa e snellire le procedure. Quando è aumentato il costo delle materie prime, abbiamo stanziato un fondo da oltre 7 miliardi. Ci sono sicuramente degli ostacoli, noi ne abbiamo trovati tanti, ma non abbiamo passato il nostro tempo a lamentarci».

Considera un errore anche la gestione dei rincari della benzina, con gli sconti non prorogati e la Guardia di finanza inviata a fare i controlli ai distributori?

«Ben vengano le indagini delle Fiamme gialle, ma penso sia stato commesso un errore madornale all’origine, perché non prorogare il taglio delle accise ha messo a nudo la fragilità della manovra. Dimostra che è stato inutile aumentare di qualche decina di euro le pensioni e l’assegno unico se poi l’aumento del costo della benzina si mangia tutto. È singolare inciampare così da chi ha promesso per anni l’abolizione delle accise sulla benzina».

Però continuate a offrire il vostro contributo. 

«Il nostro atteggiamento all’opposizione non dipende dalle chiusure o dalle aperture che ci fa il governo. Sui temi più importanti, come le riforme istituzionali, la giustizia o la prossima legge di bilancio, è nostro dovere cercare di incidere in Parlamento».

Sull’Autonomia invece sembra ci sia più di un problema a frenare questo confronto.

«Il ministro Calderoli è arrivato a minacciare querele. Io lo sfido a denunciarmi, perché la sua legge rischia davvero di spaccare in due l’Italia. Con scuole, politiche energetiche e politiche estere diverse di regione in regione, avremo solo una cristallizzazione delle disuguaglianze». 

Cosa glielo fa dire?

«Stabilire che i “livelli essenziali di prestazioni” (che definiscono diritti civili e sociali uguali per tutti sull’intero territorio nazionale, ndr) debbano essere individuati con un dpcm, innanzitutto, non è il modo migliore per garantire che siano attuati: bisogna finanziarli, non solo enunciarli. E non capisco perché, per definire i Lep, voglia passare da una cabina di regia politica che può solo peggiorare decisioni che invece devono essere tecniche. Mi sembra stia procedendo in modo confuso».

Ha annunciato però che dal 15 gennaio si riunirà anche una commissione scientifica per definire i Lep.

«O il ministro Calderoli non ha approfondito oppure ha un’amnesia: esiste già una commissione tecnica dei fabbisogni standard, al ministero dell’Economia. Da lì siamo partiti per definire e finanziare alcuni Lep già nell’ultima legge di bilancio del governo Draghi. Per garantire che almeno 33 bambini su 100 abbiano posto al nido,  per gli assistenti sociali e per il trasporto scolastico di studenti con disabilità avevamo stanziato 2 miliardi. Il ministro Calderoli invece presenta delle bozze, poi torna indietro e dice che sono solo delle 

provocazioni. Mi sembra un atteggiamento inadeguato al ruolo. Come può procedere per provocazioni quando si parla di diritti che riguardano anche i bambini? È offensivo».

Non vi siete mostrati meno freddi sul presidenzialismo. Lei però viene da Forza Italia. Non era anche una sua bandiera?

«Credo che oggi l’Italia sia stanca di esperimenti. Si può discutere di singoli interventi, come l’introduzione del monocameralismo, del rafforzamento dei poteri del premier o della sfiducia costruttiva in Costituzione, ma evitiamo sperimentazioni catastrofiche come quelle del passato, che non hanno fatto altro che dividere il Paese in fazioni». 

Nessuna modifica al ruolo del Capo dello Stato, quindi?

«Come ha detto Calenda, la presidenza della Repubblica è l’istituzione più apprezzata dai cittadini. Non la toccherei. Sarei più propensa a ragionare sull’elezione diretta del presidente del Consiglio, sconsigliando al governo di avanzare a colpi di maggioranza».

Una bicamerale aiuterebbe?

«Non diciamo di no a prescindere, ma siamo scettici. Non so se c’è il clima adatto».

(Intervista su La Stampa a cura di Federico Capurso)