Aborto, Carfagna: “Né abuso, né diritto, passi indietro non sarebbero accettati anche da donne di destra”

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17/04/2024

Di seguito l'intervista della Presidente Mara Carfagna su Il Riformista

Pnrr con l’aborto non c’entra niente. Ma poco importa. La maggioranza ha trovato il modo di solleticare il pelo delle associazioni antiabortiste – siamo già in piena campagna elettorale, di che stupirsi? – inserendo in Commissione Bilancio un emendamento nel decreto per l’attuazione del Pnrr, passato ieri con il voto di Fiducia.
Il caso consultori trasforma così il voto sul Pnrr in un caso politico che farà scendere le opposizioni in piazza, al fianco delle associazioni femministe e pro-choice. L’emendamento permetterebbe alle associazioni pro-vita di operare all’interno dei consultori pubblici: testualmente, si legge che le “Regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6 (quella dedicata alla salute) componente 1 (quella che si occupa della creazione delle case di comunità e della presa in carico delle persone), del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità”. Abbiamo chiesto il parere di Mara Carfagna, Presidente di Azione e membro della commissione Affari Costituzionali alla Camera, un parere da donna impegnata da sempre sul fronte dei diritti.

Onorevole Carfagna, “Non toccherò mai la 194”, aveva detto Giorgia Meloni la prima settimana a Palazzo Chigi. Mentiva?
«Spero di no. La destra non ha alcun interesse a riaccendere il dibattito sulla 194, una buona legge che tiene insieme il diritto alla vita e il diritto all’autodeterminazione della donna. Persino Donald Trump si è rifiutato di intervenire con una legge nazionale sull’aborto e ha lasciato la decisione ai singoli Stati per il timore di contraccolpi nell’elettorato femminile, con cui ha già problemi enormi».

E meno male che è la prima donna premier…
«Bisogna essere onesti. Fino a oggi i conservatori e sovranisti italiani hanno strizzato l’occhio ai movimenti anti-abortisti, sono stati ai loro convegni, ma hanno evitato di passare dalle parole ai fatti come è successo in Ungheria e Polonia. Credo siano consapevoli del fatto che passi indietro non sarebbero accettati dalle donne, anche da quelle che votano a destra. L’emendamento di cui si parla rompe questa neutralità, anche per questo è un segnale preoccupante».

D’altronde, i pro-life portano voti, in campagna elettorale? Non è una bandiera identitaria un po’ sbrindellata?
«Credo che ci siano due bandiere sbrindellate, quella dei pro-life ma anche quella di chi rivendica l’aborto come diritto. La legge italiana ha scelto una via saggia, tenendo insieme il diritto all’autodeterminazione delle donne e il diritto alla nascita. Vogliamo che quest’ultimo si rafforzi? Lavoriamo per dare alle donne più lavoro, più sicurezza economica, più servizi. Le ricerche Istat stimano che in media le italiane desiderano due figli: dobbiamo rendere il desiderio una possibilità concreta».

Certo. E poi questo attacco che avviene peraltro nelle more dell’approvazione del decreto Pnrr, che diventa così un omnibus, un milleproroghe…
«Un tema come l’accesso delle organizzazioni pro-life nei consultori avrebbe dovuto essere affrontato in un dibattito a se’, accettando il confronto in Parlamento e nel Paese. Non fa onore alla politica averlo inserito in silenzio dentro un provvedimento che serve a tutt’altro».

Lei dice che l’attacco alla 194 è un grave errore. Per quali motivi?
«Trasforma i consultori in terreno di scontro ideologico: i movimenti pro-life sono portatori di una visione specifica, ostile all’aborto persino per motivi terapeutici o in caso di stupro. E poi apre le porte del Servizio Sanitario Nazionale, dal quale dipendono i Consultori, a gruppi che hanno tutto il diritto di esercitare il loro ruolo all’esterno ma non possono diventare soggetti di un servizio pubblico».

Lo stesso libero accesso ai consultori potrebbero chiederlo le associazioni abortiste, adesso?
«Penso di sì. Il testo dell’emendamento parla del “coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”. Anche l’Udi e molte organizzazioni femministe rispondono ai requisiti».

Le associazioni pro-life beneficiano già di finanziamenti mascherati, qua e là, come Terzo settore?
«Non solo mascherati. Beneficiano di finanziamenti diretti in molte Regioni, finalizzati a scoraggiare le donne ad abortire per motivi economici o sociali. Una scelta legittima, ma in un Paese come il nostro dove gli assistenti sociali sono cronicamente assenti forse sarebbe meglio finanziare questo tipo di servizio, che segue le madri in difficoltà a lungo termine e non solo nel momento della scelta».

Le IVG in Italia stanno diminuendo nel tempo, e sta cambiando la loro “anagrafe”: si ricorre a IVG più tardi, e sempre di più da parte di migranti e nuovi italiani?
«In realtà l’ultimo rapporto disponibile, che è del 2021, dimostra anche un aumento delle lavoratrici italiane che ricorrono all’aborto: è un’inversione di tendenza rispetto al passato, quando i numeri delle disoccupate erano più alti. Credo sia un effetto del lavoro povero o intermittente: senza sicurezze, i figli non si fanno. E comunque l’Italia ha uno dei tassi abortivi più bassi del mondo».

Il tema della natalità deve uscire dalle dispute ideologiche. È un tema serio, come lo si affronta?
«Rendendo le donne meno sole davanti alla scelta di un figlio. Lo Stato deve esserci. Con l’asilo nido, con l’assistenza sociale, con i servizi a lungo termine, le mense scolastiche, il tempo pieno, le palestre e non solo con i bonus. Non è una missione impossibile. Da ministro del Sud ho impostato tre Lep importantissimi su asili nido, assistenti sociali, trasporto scolastico dei disabili. Sono diventati legge, sono stati finanziati, hanno aperto centinaia di nuovi posti nei Comuni e tante assunzioni di maestre e puericultrici: si deve proseguire su questa strada».

(a cura di Aldo Torchiaro)