Serietà, lavoro duro e idealismo: gli obiettivi di Azione

Notizie
16/10/2021

L'editoriale di Carlo Calenda su Il Corriere della Sera.

Caro direttore, esiste un disvalore comune tra populisti e sovranisti: la negazione dei doveri associati ai diritti. Da qui nascono il reddito di cittadinanza, quota 100, i tamponi gratis, l'Alitalia pubblica (e morta), l'Ilva miracolosamente trasformata in un'acciaieria verde etc.

Allo Stato, presentato come entità separata e in molti casi nemica dei cittadini, si chiede tutto, ma non si dà nulla, a partire dal pagamento delle tasse. Massimo grado di libertà individuale e massimo grado di intervento dello Stato. In questo "paese dei balocchi" la frase più utilizzata è "lo Stato deve". Questa favola ha vissuto un nuovo momento di gloria con la pandemia e la pioggia di soldi europei. Un supporto straordinario destinato a finire (l’intervento straordinario della BCE) o a rischio di non arrivare, stante i tempi di implementazione del Pnrr.

Nel tempo la crisi della politica è diventata crisi di tutta la classe dirigente. Sindacati che chiedono ogni cosa e sembrano solo interessati ad essere convocati a tavoli infiniti; media che mettono in scena ogni giorno la morte dell'informazione trasformata in cronaca, dando spazio agli estremisti e presentando tutte le possibili teorie del complotto; magistratura screditata da meccanismi di funzionamento malati e inchieste assurde; imprenditori che riescono raramente a diventare grandi protagonisti decisivi nello sviluppo del paese; cittadini che votano come fossero spettatori del Grande Fratello.

Questo sfascio è coperto da tonnellate di retorica, luoghi comuni, finti conflitti, alleanze improbabili, patti sul nulla e proposte irrealizzabili.

Ci piace Draghi perché è il contrario di quello che votiamo, leggiamo sui giornali, scriviamo sui social e vediamo in TV. Nessuno si domanda se Draghi sia di destra o di sinistra. Sappiamo che ha una matrice liberal socialista, riformista e pragmatica; e tanto basta. La politica trasfigurata da arte di governo a arte del rumore continua invece imperterrita a "posizionarsi", spostando continuamente il conflitto tra destra e sinistra a suo uso e consumo. Un esempio: prima del ballottaggio a Roma ero "il candidato della Lega", immediatamente dopo, quando servivano i voti presi della nostra lista, sono tornato ad essere parte "del campo largo" del centro sinistra.

Sappiamo già che alla prossima tornata elettorale tutto tornerà come prima. Ci chiederanno di votare contro i fascisti o contro i traditori della patria. Siamo sempre lì.

Ci chiedono ossessivamente "dove si colloca Azione"? Il centro con Renzi, Brugnaro e Toti? Oppure il nuovo Ulivo, Calenda, Letta, Conte, Grillo e Frantoianni. Nessuno dei due progetti ci appassiona. Dimentichiamo un fatto: sovranisti e populisti sono cresciuti perché hanno fatto politica. Sono andati a prendersi i voti sul territorio, elaborando e presentando un nuovo (detestabile) pensiero politico. Popolari, socialdemocratici, liberali e versi sono rimasti fermi a barcamenarsi tra incoerenza e impotenza. Vecchi, polverosi, intimiditi e senza mai un guizzo. L'arrocco perpetuo ha finito per sottometterli a populisti e sovranisti.

Azione farà un percorso diverso. Lo stesso che a Roma ha portato la nostra lista ad essere la prima nella città. Serietà, lavoro duro, idealismo e coraggio non sono valori naïf, di chi non riconosce che la politica è "sangue e merda", ma elementi necessari alla rifondazione della politica quando la politica necessita di essere rifondata. E dunque basta alleanze folli, proposte inattuabili, evocazioni strumentali del fascismo o della patria, tatticismi, mosse del cavallo.

A tutto questo polveroso arsenale contrapporremo un linguaggio diretto e un comportamento coerente per raccogliere consensi che servono a staccare socialdemocratici, popolari e liberali dall'abbraccio mortale con populisti e sovranisti. L'obiettivo è quello di arrivare alla stessa coalizione che sostiene la Commissione europea, possibilmente con Draghi ancora presidente del Consiglio dopo il ’23. Sappiamo che è una sfida culturale prima che politica e come tale impervia e lunga. Le nostre porte sono aperte a chi, dentro la politica e dalla società civile, vorrà unirsi a questo progetto. Ma da questa posizione non ci muoveremo. Se vale la pena fare politica, politica deve essere.

L'editoriale di Carlo Calenda su Il Corriere della Sera.