La politica si confronti con l’IA

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01/06/2023

L’intervista di Marco Lombardo a La Stampa

Sembrava un ordinario discorso sugli accordi fra Italia e Svizzera per i lavoratori transfrontalieri. Fino alla conclusione a sorpresa: «L’intervento che avete appena ascoltato non è mio e nemmeno il prodotto dell’intelligenza umana». Marco Lombardo, senatore di Azione-Italia viva, è stato il primo parlamentare in Italia a leggere in aula un testo interamente scritto dall’intelligenza artificiale.

L’intervento conteneva informazioni su fondi, valutazioni soggettive, proposte politiche. Come ha fatto a crearlo con l’IA?
«Con una società che opera in questa ambito, ho fornito al software di intelligenza artificiale Chat GPT 4 il disegno di legge dell’accordo italo-svizzero sui lavoratori transfrontalieri e gli interventi che erano stati fatti sul tema sia alla Camera sia al Senato dal gruppo Azione-Italia viva. Così il programma ha creato un flusso di pensiero sulla base dei documenti che gli sono stati inviati, con elaborazioni proprie. Non è stata fatta nessuna manipolazione sul testo prodotto».

Perché quest’argomento specifico?
«Mi sembrava utile far vedere che gli algoritmi di intelligenza artificiale non si applicano solo ai processi tecnologici o a temi attinenti al digitale, ma potenzialmente a qualsiasi disegno di legge».

Come le è venuto in mente di fare un intervento generato da intelligenza artificiale?
«È un po’ di tempo che mi occupo di come gli algoritmi stanno trasformando il mondo del lavoro. E quindi anche delle implicazioni etiche, economiche e sociali. Mi sembrava importante che anche il parlamento italiano aprisse gli occhi su un fenomeno che ormai è ineludibile».

La domanda populista sarebbe: quindi non abbiamo più bisogno dei parlamentari?
«Volevo far capire anche ai decisori politici, ai colleghi parlamentari, che anche il loro lavoro può essere “minacciato” dall’intelligenza artificiale. Neanche la politica può pensare di esimersi da un confronto con gli algoritmi. Bisogna saperne fare un uso consapevole. Se si riduce tutto a una questione di costi ed efficienza anche il nostro ruolo potrebbe essere sostituito. Dobbiamo metterci qualche cosa di più: testa, cuore, idee».

Quali le opportunità, quali i rischi di questa tecnologia?
«Le opportunità sono enormi. Si pensi a tutte le applicazioni sull’agricoltura di precisione, sulla possibilità di risparmiare le risorse naturali grazie a un utilizzo più mirato. Già oggi in alcuni settori come le assicurazioni e il bancario ricorrono a sistemi predittivi. Poi ci sono i rischi: gli algoritmi sono basati su input dati dall’uomo. E dunque fanno analisi che possono anche avere degli effetti discriminatori. In più ci sono implicazioni nel giornalismo, come abbiamo visto, dovendo fare i conti non più con le fake news, ma con il deepfake, immagini difficilissime da distinguere».

Pensa che il parlamento italiano possa o debba intervenire con una legge, come del resto si sta facendo a livello europeo?
«Se noi partiamo con un approccio regolatorio senza conoscere il fenomeno, rischiamo di frenare lo sviluppo e non essere efficaci nel prevenire i rischi. Molti colleghi parlamentari erano incuriositi alla fine del mio intervento. C’è bisogno di molta informazione prima, a tutti i livelli. Quando avremo raggiunto un grado di maturazione importante, saremo pronti a fare come in Ue e Usa una serie di audizioni con soggetti pubblici e privati che ci sono possono aiutare a contenere i rischi e sfruttare le maggiori potenzialità».

In Italia la prima mossa del Garante della privacy – con successivo ripensamento – è stata vietare Chat GPT. Un atteggiamento che rischia di tenerci fuori da una partita cruciale?
«Sì, vale anche per l’Ue. L’Europa non si può limitare a fare da arbitro perché per definizione l’arbitro non vince mai. Deve decidere di essere un player, un giocatore in campo, sia a livello nazionale, sia a livello sovranazionale. Perché quando parliamo di sovranità e democrazia non possiamo non parlare di democrazia digitale».

In una lettera, i padri dell'intelligenza artificiale hanno lanciato un allarme apocalittico: «Mitigare il rischio di estinzione a causa dell'IA dovrebbe essere una priorità globale». Eccessivo?
«Credo che anche i toni di quel monito servano ad alzare il livello di attenzione. Però i temi che pongono sulle conseguenze non solo sociali, ma anche etiche, sono importanti. Pensiamo a un potenziale utilizzo dell’intelligenza artificiale per alterare i processi decisionali, magari per mano di autorità straniere. Non bisogna demonizzare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, anzi. Però la macchina che dev’essere al servizio dell’uomo e non essere una minaccia per la democrazia».

L'intelligenza artificiale avrebbe potuto anche condurre questa intervista?
«Probabilmente sì, assolutamente. Fornendo al software i miei interventi di oggi e i precedenti».

E se così fosse, il lettore sarebbe in grado di accorgersene?
«Molto difficilmente. Ecco perché l’intelligenza umana, con la sua la creatività e la capacità di creare collegamenti originali, deve rimanere un tratto distintivo di qualsiasi attività, anche di quella parlamentare».

(Intervista a cura di Serena Riformato disponibile qui)