È ora che in Parlamento si faccia un’operazione di trasparenza

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02/04/2023

L'intervista di Mariastella Gelmini alla Stampa

La premier dice «non l'abbiamo scritto noi il piano». È colpa vostra? Lo avete scritto male?

«L'ultima cosa che serve al paese è giocare allo scaricabarile. Sul Pnrr la politica è chiamata a una prova di serietà. Non dobbiamo fare l'errore di Fdi che quando era all'opposizione guardava al Pnr come al
"Piano Draghi". Per me questo non è il "Piano Meloni", è il piano dell'Italia. Il governo Draghi ha avuto un mese di tempo per scrivere la nuova versione del piano. E abbiamo rispettato tutte le scadenze. Ora il governo è in carica da cinque mesi, cioè cinque volte il tempo che ha avuto il governo precedente per scriverlo. E ora che in Parlamento si faccia un'operazione trasparenza».

Bisogna concentrarsi solo su alcune opere, magari affidandole a grandi soggetti come Eni, Enel, Fs, che peraltro risponderanno più direttamente al governo?

«Questo governo si è preso la responsabilità di cambiare le regole in corsa e rivoluzionare "governance" del Pnrr, applicando anche lo "spoils system": ora non ha più alibi deve dire all'Italia cosa vuole fare e rispettare i tempi. Per noi non c'è da stravolgere niente: vogliamo collaborare, in settimana discuteremo il decreto sulla governance. Per dire sì abbiamo posto due condizioni: ricostituire "Italia sicura", l'unità di missione creata dal governo Renzi, e ripristinare a pieno regime "Industria 4.0" misura voluta da Calenda quando era ministro».

C'è chi dice che Conte ha sbagliato, doveva prendere meno soldi dall'Ue perché l'Italia non è in grado di spenderli. Anche il vostro governo la pensava così?

«No, abbiamo fatto la scelta giusta, non ci siamo mai posti questo tema. Piuttosto c'erano Comuni e Regioni che lamentavano di essere stati coinvolti poco. Con la guida di Draghi abbiamo raccolto le istanze degli enti locali e abbiamo dato loro un nuovo protagonismo. Certo, alcuni sono più in sofferenza per carenza di personale tecnico, ma noi abbiamo provato a coinvolgerli e ad andare incontro alle loro necessità».

Almeno sul Pnrr le opposizioni riusciranno a fare fronte comune?

«Più che le opposizioni è l'Italia che deve fare fronte comune. Serve spirito repubblicano per affrontare questo passaggio, un eventuale insuccesso sarebbe imperdonabile. Conviene al Paese deporre polemiche e rimboccarsi le maniche. Dopodiché, un fronte comune delle opposizioni con il M5s lo vedo difficile. Noi siamo per il sì a tutte le grandi opere. Dall'altra parte ci sono posizioni diametralmente opposte, per esempio su termovalorizzatori o rigassificatori».

Però anche l'Ue, ora, critica alcune opere, come lo stadio a Firenze. Ma quel piano non è stato approvato a Bruxelles? È possibile che ci sia un atteggiamento più rigido perché non piace l'approccio di Meloni in Europa, a cominciare da Mes e balneari?

«Non credo alla versione di comodo - che qualcuno nella maggioranza fa trapelare - di un atteggiamento parziale del la commissione. Le valutazioni sul Pnrr sono tecniche, se la Commissione ha approfondito questioni come quella degli stadi non bisogna farne un dramma e mettere in campo progetti. Dopodiché è chiaro che bisogna decidere se questo governo vuole proseguire la campagna elettorale sventolando bandiere anti-europee come sul Mes o sui balneari, o se intende dimostrarsi all'altezza della sfida di governare. L'Ue è imparziale, ma è ovvio che la postura di questo governo ha un peso, un atteggiamento anti-europeo non aiuta l'Italia».

(Intervista a cura di Alessandro Di Matteo)