Con l’Autonomia di Calderoli a pagare saranno i cittadini

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22/01/2023

L'intervista del segretario Carlo Calenda al Messaggero

Suona come una provocazione. «Sapete chi è che non vuole l’autonomia differenziata? Il Nord». E invece Carlo Calenda fa sul serio, eccome. «Scegliete una città: Vicenza, Treviso, Belluno - ribatte il leader di Azione - sfido il ministro Calderoli a raccontare la riforma da un palco agli industriali». 

Quindi il Nord federalista sarebbe un bluff ?

«Sto girando la Lombardia in campagna elettorale, vi assicuro che non c’è un solo imprenditore che sappia di cosa si tratti. Trasferire alle Regioni competenze come gli Affari Ue o la politica energetica? Rispondono tutti in coro: è una boiata». 

Calenda boccia l’autonomia. 

«Boccio questa autonomia. Che avrà un solo effetto: una piramide di ricorsi e montagne di soldi spesi in burocrazia». 

Spieghi. 

«Proviamo con gli esempi. Con una riforma che delega molte delle  competenze dello Stato centrale, finirà che un qualsiasi accordo di libero scambio con l’Ue dovrà essere ratificato non dal Parlamento, ma da venti consigli regionali». 

Poi? 

«Le reti elettriche. Invece che riportare al centro le competenze su energia e ambiente, mettendo un punto al mosaico di leggi e leggine regionali, si delegano anche quelle. La ricetta perfetta per una guerra in tribunale tra giunte regionali». 

Maria Stella Gelmini, prima la del suo partito, ha firmato la più recente riforma autonomista.


«Certo, ma tra le due c’è una grande differenza. La riforma Gelmini, anzitutto, stanziava i fondi per assicurare i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni, ndr) in tutto il Paese». 

Quindi? 

«Senza risorse l’autonomia diventa una fregatura per il Centro-Sud. Senza contare che nella riforma Calderoli rimane un rimando alla spesa storica, che condanna queste Regioni. Ma c’è di più». 

Prego. 

«La riforma Gelmini teneva fuori la scuola. Che è un fondamento della Repubblica e un patrimonio di tutto il Paese. Qui ci sono leghisti che chiedono di insegnare il veneto nelle aule. Capisce?» 

Non solo scuola. Tutta la Sanità potrebbe passare sotto il controllo delle Regioni.


«La Sanità italiana, che già è in mano alle Regioni, ha ben altri problemi. Ventiquattro mesi per una mammografia, 13 per una Tac, otto per una visita oncologica, stipendi indecenti per gli infermieri. Sono sfide di cui si deve occupare il governo, e in fretta». 

Insomma, il federalismo non può funzionare? 

«Il federalismo leghista ha un solo obiettivo: dare più soldi alle loro regioni. E finora ha fatto danni tanto al Nord, quanto nel Centro-Sud. Dove più sono aumentati i poteri delle Regioni, più si è cristallizzata una classe dirigente clientelare». 

Come se ne esce? 

«Intanto dicendo la verità. E raccontare che l’autonomia abbasserà le tasse è una bugia. Poi servono dei paletti. Un conto è chiedere competenze specifiche, penso agli Istituti tecnico-scientifici al Nord e qui sono d’accordo. Altro conto è dare alle Regioni un potere di interdizione nei confronti dello Stato su materie come istruzione e trasporti». 

Poteri speciali per Roma Capitale. È il momento? 

«Lo è da tempo. Roma deve essere equiparata a una Regione e ricevere finanziamenti diretti. Senza passare dal filtro della Regione Lazio disperdendo i fondi tra burocrazia e marchette».

Giubileo, in prospettiva Expo. Roma è pronta per questi eventi? 

«Deve avere più spazio di manovra e risorse. Penso ai trasporti gestiti dalla Regione. Il Comune nel frattempo può e deve usare i poteri derivanti dal commissariamento. Roma è di tutti gli italiani, bisogna chiarirlo». 

Come? 

«Un’idea? Stanziare fondi per le scuole di tutta Italia per far venire nella Capitale i ragazzi, permettere loro di conoscere la storia e le istituzioni di questa Nazione». 

Magari con Calenda a fare da guida. Dicono che sia portato. 

«Sarei onorato di portare in giro per la città le scolaresche, come è noto ho una passione per Roma antica, soprattutto l’era repubblicana. Sono appena stato con la mia famiglia fra i mosaici nei sotterranei di Palazzo Farnese, è un’esperienza che tutti dovrebbero fare». 

Giustizia, intercettazioni, politica estera. C’è chi dice che fa opposizione responsabile al governo Meloni, altri parlano di stampella.


«Nessuna stampella. Abbiamo costruito un nuovo progetto politico anche per rifiutare questo gioco delle parti, buoni contro cattivi. Se Nordio sposa una nostra antica battaglia, dovrei rinnegarla? Se Meloni segue la nostra linea in politica estera, dovrei darle contro? Abbiamo le nostre idee e sappiamo difenderle, senza teatrini». 

(Intervista a cura di Francesco Bechis disponibile qui)