Un patto per le priorità del Paese
L’intervista di Carlo Calenda al Messaggero
Onorevole Calenda, perché non far cominciare questo “patto repubblicano" federandosi con Elly Schlein come suggerisce Prodi?
«Perché il Pd non è interessato a certi punti che per noi sono essenziali, e quando ha potuto realizzarli non ha voluto farlo. Con i soldi del Superbonus si metterebbero a posto per 10 anni la sanità e la scuola. E poi per Azione è difficile unirsi con una sinistra, quella di Schlein e Conte, che non ha nulla della sinistra di governo di Prodi e Gentiloni».
Quindi se il federatore fosse Gentiloni, e non Schlein, Calenda sarebbe pronto a unirsi?
«L'ipotesi Gentiloni mi pare purtroppo tramontata nella kermesse del Pd l'altro giorno. La competizione per la leadership della sinistra è tra Schlein e Conte. E vincerà Conte».
Perché vincerà lui?
«Perché è stato presidente del consiglio e perché la sinistra 10 ha già incoronato grande punto di riferimento dei progressisti. Conte ha un indice di gradimento, tra gli elettori del Pd, superiore a quello di Schlein».
Il «patto repubblicano» di cui parla nel libro che cosa vuol dire?
«Vuol dire che dopo 33 anni di bipolarismo tutti gli indicatori sociali, economici e di benessere sono drammaticamente crollati. Bisogna dunque offrire un'alternativa alla destra e alla sinistra. Fondata su poche, chiare, pragmatiche priorità: scuola, sanità, salari, sicurezza. Poi serve il rigido controllo dell'immigrazione».
È un patto più facilmente realizzabile con la destra, considerando la buona accoglienza che lei ha avuto ad Atreju?
«Il calore che mi hanno rivolto credo sia dovuto a un fatto: che molti italiani si sono stancati di una politica capace di produrre soltanto rumore e non risultati. E comunque, l'unico modo per arrivare a un patto repubblicano è che Azione prenda voti a sufficienza nelle prossime Politiche, in modo da determinare uno stallo e un time out nel conflitto sterile e infinito che è in corso. Nel nostro partito convivono Carfagna e Richetti, Gelmini e Lombardo, ex dirigente del Pd emiliano. In Azione si mescolano storie e personalità, stanche del bipolarismo improduttivo, che vengono da destra e da sinistra. Il patto repubblicano è aperto a tutti».
Intanto voi di Azione con chi andrete alle Europee?
«Stiamo lavorando per una convergenza con Più Europa».
Non crede sia complicato superare la soglia del 4 per cento?
«Prima delle elezioni a Roma, i sondaggisti davano Azione all'8 per cento e abbiamo preso il 20. Prima delle Politiche ci davano al 2,1, dopo la rottura con il Pd, e abbiamo preso 1'8 per cento. Il nostro obiettivo per le Europee di giugno è arrivare a quanto abbiamo avuto alle Politiche. Nella speranza che i cittadini realizzino che non esiste alternativa al patto repubblicano di cui scrivo nel libro. L'80 per cento degli italiani è convinto che il nostro Paese sia destinato al declino e che ci saranno sommosse».
Guardi però che il governo ha ancora il consenso dei cittadini.
«Il consenso lo aveva Renzi e lo ha perso nel giro di un mese. Stessa identica situazione è accaduta poi ai 5 stelle e a Salvini. Gli italiani si stancano tutto d'un colpo».
Il premierato a lei non dovrebbe piacere?
«Nella scorsa legislatura, la riforma Meloni avrebbe prodotto un monocolore M5S con Di Maio presidente del consiglio e la possibilità di sostituirlo soltanto con Toninelli o con Bonafede. Le basta?».
E allora lei che cosa propone?
«Dico che le riforme istituzionali non si faranno mai senza un'Assemblea Costituente separata dall'attività politica ordinaria. Tutti gli altri sistemi, la Bicamerale e il referendum, sono falliti. Dopo di che non penso che la priorità sia la riforma istituzionale. Ma i salari, la sanità, la scuola».
Lei ha fatto fare i calcoli su quanti oggi sarebbero gli astensionisti. Risultati?
«In 5 anni abbiamo perso 30 punti di affluenza sulle Regionali e 10 sulle Politiche. La politica sta diventando un gioco di società per benestanti. Che si divertono a parlare di campi larghi e di federatori e federatrici. Mentre il resto del paese accumula disagio e rabbia. Mi ha fatto impressione l'evento del Pd. Una discussione fatta di richiami morali astratti e autoreferenziali. Nessuna proposta concreta e la decisione di isolarsi in una competizione con i 5 stelle a chi è più populista. Quando Conte vincerà questa gara, il Pd si spaccherà in due. Una parte andrà con gli stellati e i riformisti finalmente troveranno il coraggio di aprire bocca. Li aspetto a braccia aperte».
(Intervista a cura di M. Ajello)